L’esperienza di Martina, al I anno di Medicina in Olanda
Abbiamo intervistato Martina, studentessa di Medicina a Groningen
Com’è stato il tuo primo periodo in questo nuovo paese?
Mi presento, sono Martina, ho 19 anni e sono al primo anno di medicina. Non studio però in Italia, ma alla RUG (University of Groningen), a Groningen nel nord est dell’Olanda.
Mi sono trasferita qui circa 10 mesi fa, e per me era di fatto la prima volta che mettevo piede in Olanda, trascurando la toccata e fuga per il test di ingresso. Conoscevo poco o nulla di questo paese, non parlavo mezza parola di Olandese e avrei fatto fatica a nominare più di 3 cose tipiche. Andiamo con ordine, ho già detto che studio medicina, ma anche che non parlavo assolutamente l’olandese, questo però non è un problema, almeno per ora, per quanto riguarda i miei studi. I primi 3 anni sono infatti in olandese, come la gran maggioranza dei corsi universitari in Olanda, che se non sono interamente in lingua inglese, spesso adoperano comunque libri di testo in inglese.
Che impatto hai avuto con l’Università olandese?
La mia esperienza all’Università è al 200% positiva, adoro il corso che sto seguendo e mi piace moltissimo la didattica e l’approccio allo studio utilizzato qui. Molto lontano da quello italiano, con lezioni sempre interattive, continuo scambio professore-studenti, gruppi di lavoro piccoli, e molta pratica, oltre che ai diversi ruoli di persone di sostegno e un curriculum che spazia molto e non si limita a focalizzarsi prettamente sull’aspetto accademico, ma si interessa molto a tutte le competenze trasversali necessarie per riuscire nel diventare medico (nel mio caso) come comunicazione, collaborazione, metodologia e ricerca ecc. Come tutti i sistemi ha le sue falle, e rimane comunque un corso estremamente impegnativo, non stop per 10 mesi, che porta con sé delusioni e soddisfazione, tanto stress, ma anche successi.
Ti sei integrata da subito con i tuoi compagni di corso?
Per quanto riguarda i miei compagni di corso posso ritenermi fortunata nel trovarmi in un ambiente incredibilmente variegato, stimolante e anche stravagante. Nel mio corso ci sono tantissimi studenti stranieri, la maggior parte europei, o per lo meno con un passaporto europeo, ma con tante eccezioni e combinazioni fuori dalla norma. Una domanda semplice come “where are you from?” quando fatta a un gruppo di studenti del mio corso, può risultare problematica e portare a lunghe spiegazioni. Essere nato e cresciuto nello stesso paese di origine dei tuoi genitori è una caratteristica rara. Così ti trovi ad ascoltare le storie di una ragazza olandese, con mamma francese che ha vissuto per tot anni in qualche paese remoto dell’Africa, o di un ragazzo inglese che per motivi di lavoro dei genitori è cresciuto in Malesia e ha deciso di tornare in Europa per l’università e tanti altri. In una comunità così internazionale ovviamente la lingua che usiamo per comunicare è l’inglese e sicuramente in una città come Groningen, con una popolazione di 200 mila abitanti di cui 60 mila sono studenti, puoi tranquillamente condurre una vita intera senza parlare mezza parola di Olandese. Gli olandesi però esistono, e parlano olandese tra di loro, e apprezzano molto quando vedono uno sforzo da parte di chi è straniero nel cercare per lo meno di imparare quella che è la loro lingua a cui, pur essendo un paese piccolo e con un buon livello di inglese, tengono molto e cercano di preservare ed incentivare.
Che opinione ti sei fatta sugli olandesi come popolazione?
Gli olandesi come popolo non li descriverei “calorosi”, sono molto più chiusi di quello che si possa pensare e spesso anche molto conservatori. Questo fa si che spesso ci siano separazioni di gruppi tra studenti internazionali e olandesi. Questo però non è assolutamente sempre il caso, anzi una volta presa confidenza e sfondato le barriere dei pregiudizi, da entrambe le parti, ci si riesce ad unire e lì si scopre il lato più sociale, estroverso e dal bicchiere facile tipico olandese. Non a caso una delle persone a cui sono più legata qui è proprio una ragazza olandese, lei mi insegna le loro canzoni e mi porta nei pub più tipici e io le insegno a cucinare una pasta come dio comanda. Nonostante questa iniziale barriera diffidente e fredda gli olandesi sono infatti dei “socialoni”. Hanno una quantità incredibile di students associations, commitees, fraternities and sororities. Obbiettivo principale: bere e fare amicizia. Ma ce n’è veramente per tutti, da quelle sportive, dove puoi scegliere se gareggiare o allenarti semplicemente con più tranquillità, a quelle dei vari corsi di studio mirate ad approfondimenti ed eventi nel campo di studi, a quelle di beneficenza e di volontariato e chi più ne ha più ne metta. Parole d’ordine della vita studentesca olandese? Birra, amici e festa.
Adattarsi non è stato facile, soprattutto all’inizio, quando è tutto così diverso, al supermercato non trovi quello a cui sei abituato ed è tutto scritto in una lingua sconosciuta e incomprensibile, le persone approcciano in modo diverso, stanno sulle loro e non sempre sembrano contente di tutti questi studenti stranieri.
L’Olanda è il paese delle biciclette. Che ne pensi?
Penso che qualsiasi studente straniero arrivato in olanda non possa non imbattersi prima o dopo in un incidente in bicicletta, sono matti. Un po’ alla volta però impari che al semaforo quando diventa verde per le bici lo diventa in tutte le direzioni e cominci ad aspettarti che ti sbuchino fuori biciclette dal nulla; impari ad usare il freno col contropedale; ti arrendi al fatto di portarti dietro un ombrello, perché tanto col vento a 40km/h è inutile e ti abitui al fatto che se riesci a non essere completamente fradicio almeno una volta in una giornata puoi considerarlo un gran bel giorno; la bicicletta diventa una specie di protesi, fondamentale.
Quante cose hai imparato a Groningen sulle abitudini degli olandesi?
Impari ad andare in bici con la valigia; impari il nome di tutto quello che compri sempre al supermercato e impari a rispondere in modo corretto alle cassiere senza dover chiedere il solito “sorry can you please say it in english?”. Un po’ alla volta quella lingua incomprensibile diventa familiare e ci cominci a capire qualcosa, quando esci la sera a ballare conosci le canzoni olandesi e anche se spari parole a caso ti senti parte della situazione. Prima di rientrare come snack prendi dal muro una croquette o un flikandel, non giri più con i contanti, ma paghi anche un caffè con il bancomat. Alla fine impari ad apprezzare in modo incredibile quei venti minuti di sole. E sì ti lamenterai sempre dell’inesistenza di una vera e propria cucina olandese o di verdure che sappiano di qualcosa; ti lamenterai delle ciliegie a 10 EUR al kilo e del costante vento e tempo orribile; ti lamenterai delle stravaganze a volte esagerate degli olandesi, ma alla fine impari a sopportare i difetti di questo paese e ad amarne i vantaggi. Come al solito vivere in un altro paese è sempre come andare sulle montagne russe: un giorno lo ami e il giorno dopo vorresti poter mollare tutto e tornare a casa, ma in fin dei conti rifarei questa scelta altre mille volte.
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